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Patologie, Terapia dietetica

Supporto nutrizionale in corso di megaesofago.


mercoledì 2 febbraio 2022


Supporto nutrizionale in corso di megaesofago

Il megaesofago è un disordine caratterizzato da dilatazione esofagea diffusa associato, in alcuni casi, ad aperistalsi.
Esso, nella maggior parte dei casi, si presenta come una lesione acquisita (idiopatica o secondaria ad altre patologie)


Il meccanismo fisiopatologico sottostante al megaesofago idiopatico acquisito, ad oggi, resta ignoto. Le risposte funzionali degli sfinteri esofagei, superiore ed inferiore, restano intatti e si sospetta un disturbo del percorso neurale afferente che risponde alla distensione esofagea.

Il megaesofago acquisito secondario, invece, può dipendere da molte cause sottostanti, come la miastenia gravis (che corrisponde al 25% circa delle eziologie acquisite nel cane), il lupus eritematoso sistemico, la polimiosite, la disautonomia o malattie infettive come il cimurro o il tetano.

Oltre alle patologie neuromuscolari appena elencate, il megaesofago può svilupparsi anche a seguito di ostruzione esofagea causata da neoplasia, corpi estranei, stenosi, alterazioni dell'anello vascolare oppure da esofagite.

Più raramente, questo disordine può essere congenito e, anche in questo caso, la patogenesi risulta essere poco chiara.

È stato suggerito che Setter irlandesi, Alani, Pastori tedeschi, Labrador retriver, Chinese Shar pei, Terranova, Schnauzer nani e Fox terrier abbiano una predisposizione familiare per il megaesofago congenito.

I cuccioli affetti da megaesofago congenito spesso presentano rigurgito appena inizia lo svezzamento.

Il rigurgito, in ogni caso, rappresenta il principale sintomo clinico di ogni tipo di megaesofago.

Ad esso possono essere associati altri sintomi come dolore muscolare, andatura rigida o debolezza generalizzata, a seconda della causa sottostante.

Purtroppo, i soggetti con patologia di vecchia data soffrono spesso anche di perdita di peso ed emaciazione secondarie a malnutrizione.

Inoltre, essendo la polmonite ab ingestis la complicanza più comune associata a questo disordine, spesso i pazienti presentano dispnea, tosse umida e febbre.

La diagnosi, e la ricerca dell'eventuale causa sottostante, sono fondamentali per poter improntare una corretta terapia, sia medica che nutrizionale.

La radiografia toracica, senza e con bario, spesso risultano sufficienti per effettuare una diagnosi di megaesofago, ma non permettono di capirne l'eventuale eziologia.

Per ricercare le cause acquisite di megaesofago andrebbero eseguite, oltre agli esami ematobiochimici convenzionali e all'esame delle urine, altre indagini diagnostiche come l'analisi del titolo degli anticorpi contro i recettori dell'acetilcolina, per valutare un'eventuale miastenia gravis acquisita, o biopsie muscolari per la ricerca di altre patologie neuromuscolari.

Nel caso si sospetti la presenza di patologie ostruttive può, invece, essere utile effettuare un'esofagoscopia.

La terapia del megaesofago secondario ad altre patologie prevede, ovviamente, il trattamento della causa sottostante, come per esempio, l'utilizzo della piridostigmina in caso di miastenia gravis, o la chirurgia in corso di neoplasia o alterazioni dell'anello vascolare.

Nel caso invece del megaesofago idiopatico, ad oggi, non esiste una terapia specifica, ma il trattamento è principalmente di supporto e sintomatico.

Infatti, neanche i farmaci che favoriscono la motilità sembrano essere efficaci nel trattamento del megaesofago idiopatico.

Il trattamento di supporto richiede, generalmente, un intervento di tipo nutrizionale.

Gli obiettivi della gestione dietetica per i pazienti con megaesofago sono di ridurre al minimo il rigurgito, evitare la polmonite ab ingestis e fornire un'alimentazione adeguata per riportare i soggetti emaciati al loro peso ideale e mantenerlo nel tempo.

Il primo passo deve essere quello di somministrare piccoli pasti, frequenti, in posizione sollevata o verticale, per favorire il passaggio del cibo ingerito nello stomaco.

Il secondo passaggio deve essere la scelta della consistenza del cibo da somministrare. Per trovare quale sia la scelta migliore spesso è necessario andare a tentativi poiché, a seconda del soggetto e della causa sottostante, alcuni animali tollerano meglio cibi liquidi o semi-liquidi mentre altri rispondono meglio ad un'alimentazione con crocchette.

L'utilizzo di cibi solidi in grandi boli può, in alcuni soggetti, stimolare una maggior contrazione della muscolare esofagea funzionante, andando a stimolare la peristalsi secondaria.

Un disturbo del percorso neurale afferente impedisce, quando il bolo alimentare entra nell'esofago prossimale, l'inizio della peristalsi come ad esempio in alcuni soggetti affetti da megaesofago idiopatico.

In questi casi, la peristalsi primaria è profondamente ridotta e la peristalsi secondaria non viene stimolata.

Boli di cibo solidi e grandi, stimolando l'esofago, hanno maggiori probabilità di suscitare contrazioni rispetto a cibi morbidi o pappe.

Al contrario, la disfunzione neuromuscolare che accompagna la miastenia grave impedisce, a prescindere, la contrazione muscolare.

In soggetti affetti da questa patologia, generalmente, funzionano meglio alimenti liquidi, semiliquidi e frullati con un alto contenuto di acqua (>80%).

La razione deve essere preparata con ingredienti che si frullano facilmente con l'acqua evitando carni contenenti un elevata quantità di tessuto connettivo o ossa.

Alcuni pazienti affetti da megaesofago trovano, invece, maggior beneficio quando alimentati direttamente dalla mano del proprietario attraverso la somministrazione di polpette o bocconcini morbidi.

Per decidere meglio la consistenza del cibo da somministrare può essere utile valutare la motilità esofagea mediante l'uso di cibo, con consistenze diverse, miscelato con bario e la fluoroscopia.

A prescindere dalla consistenza dell'alimento, andrebbero sempre scelte con attenzione le caratteristiche nutrizionale della dieta.

Lo scopo principale deve essere quello di riuscire a soddisfare i fabbisogni energetici e nutrizionali dell'animale per contrastare la perdita di peso e la malnutrizione riducendo i rischi di polmonite ab ingestis.

L'utilizzo di pasti ad elevata densità energetica permette, generalmente, di centrare questo obiettivo, arrivando a soddisfare i fabbisogni dell'animale con la somministrazione di un volume ridotto di cibo.

L'ideale sarebbe somministrare una dieta con una densità energetica di almeno 4,5 kcal per grammo di sostanza secca e una percentuale di almeno il 25% di grassi su sostanza secca.

Il contenuto proteico dovrebbe essere di almeno il 25% su sostanza secca nel cane e del 35% nel gatto, prediligendo fonti proteiche ad elevata digeribilità e alto valore biologico.

Infine, è necessario ricordare, quanto sia importante prendere in considerazione la nutrizione enterale con un tubo per gastrostomia in tutti quei soggetti affetti da malnutrizione o da polmonite ab ingestis.

Una scelta di questo tipo permette, nella maggior parte dei casi, la ripresa di un peso corporeo adeguato riducendo i rischi di polmonite ab ingestis.

BIBLIOGRAFIA:
- Delaney SJ & Fascetti AJ. Applied Veterinary Clinical Nutrition. (ed. Fascetti AJ and Delaney SJ. ). 2012. Chapter 12 / Nutritional Management of Gastrointestinal Diseases.
- Ettinger S.J., Feldman E.C. Clinica medica veterinaria, malattie del cane e del gatto, sesta edizione
- MS Hand, CD Thatcher, RL Remillard, P Roudebush & BJ Novotny. Small Animal Clinical Nutrition 5th edition. ed.2010, chapter 50


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